Valorizzare la formazione ed il tempo clinico del medico

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L’invito è del Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della provincia di Ancona Fulvio Borromei che spiega “La formazione è un investimento e può essere realizzata anche nel durante il lavoro. Occorre favorire poi l’habitat lavorativo dei professionisti”.

Occorre prestare grande attenzione alla formazione che rientra comunque all’interno di un contesto più generale dove si chiama in causa la questione medica, un argomento questo di cui si è discusso, per la prima volta a livello nazionale in sessione plenaria, lo scorso 21 aprile a Roma con un incontro organizzato dalla Fnomceo”, punta lo sguardo, il Presidente dell’Ordine dei Medici e Chirurghi Odontoiatri della provincia di Ancona, Fulvio Borromei, sul futuro della classe medica e sugli auspicati sviluppi della professione. La questione medica non è uno slogan generico ma l’affermazione di esigenze chiave per la crescita delle medicina tradotte in una serie di elementi e richieste formulate in occasione della conferenza nazionale del 21 aprile e che comprendono anche la stessa formazione. Tra i punti, venti in tutto, il Presidente Borromei, appartenente al consiglio direttivo di Fnomceo, ricorda la necessità di un tavolo di confronto permanente tre Ministero della Salute e Fnomceo per la valorizzazione del ruolo del medico che passa attraverso la deburocratizzazione dell’atto medico e la semplificazione delle procedure autorizzative per l’esercizio della libera professione, la valorizzazione del ruolo sociale del medico anche attraverso specifici provvedimenti normativi, maggiore incisività della classe medica nel Sistema Sanitario Nazionale, la salvaguardia dell’autonomia professionale e la tutela dell’atto medico nei processi di telemedicina. Nell’ampio spazio della  ‘questione medica’ rientra poi la revisione dei precorsi di formazione (anche continua) da orientare nella presa in carico e nella cura della persona intesa nella sua specificità piuttosto che nell’approccio impersonale generalizzato alla malattia. La formazione si pone pertanto come uno dei gangli vitali per la professione, soprattutto quando legata ma strettamente collegata con altri fattori “che potrebbero assicurare al medico un livello professionale ancora più elevato di quello già alto cui è arrivato”, spiega Borromei. “In Italia abbiamo un’ottima formazione universitaria – prosegue – dove l’aspetto teorico viene normalmente approfondito con grande efficacia ed in grado di creare medici perfettamente preparati sulle patologie e le difficoltà dei pazienti, ma dovremmo offrire loro un habitat professionale adeguato che permetta a questi di crescere ulteriormente. Ma oltre alla formazione universitaria, oltre a quella post laurea – specialistica – quella complementare – che deriva dal ricorso a strumenti come i corsi Ecm – occorre anche sviluppare una legittima formazione sul campo, ovvero, con un adeguato percorso, il medico dovrebbe e potrebbe formarsi anche durante il tempo di lavoro. Oggi esiste una strumentazione informatica e tecnologica che consente di conoscere come si opera e come si è operato, in sostanza quali risultati sono stati ottenuti e come li si sono ottenuti e questo permette di poter creare una quadro medico dove il giovane può inserirsi in maniera ancora più efficace. Abbiamo laureati, laureandi e specializzandi volenterosi, capaci, lo vediamo tutti i giorni, ed anche caparbi nel perseguire obiettivi e risultati professionali, per questo la formazione deve essere tenuta sempre di più in alta considerazione“. Ma la formazione per poter essere davvero efficace, per poter ottenere i risultati sperati, deve necessariamente coniugarsi con altri tasselli che costituiscono la questione medica. A partire dal tempo clinico. Chi è il medico? Si domanda retoricamente Borromei. “E’ il professionista che si prende cura del proprio paziente e, più generalmente, dei cittadini, sviluppando una serie di riflessioni intellettuali e di pratiche mediche necessari alla loro presa in carico. Ma se il tempo clinico si riduce sensibilmente, come sta puntualmente avvenendo, tutti questi momenti che conducono e formano il vero e proprio atto medico, perdono di efficacia, se li erodiamo il tempo clinico subisce conseguenze negative difficilmente recuperabili. Inoltre – continua Borromei – nell’organizzazione del lavoro, sia all’interno degli ospedali che nel territorio, il tempo clinico deve poter essere inserito nel giusto habitat lavorativo. Se invece, come accade, il medico è costretto a dover sbrigare sempre più spesso atti burocratici diventa paradossalmente e dolorosamente un terminalista che ha meno tempo da dedicare al paziente e ai suoi familiari”. Su questo punto i medici sono irremovibili, è necessaria una vera e propria inversione di tendenza, totale, che recuperi il medico al paziente stesso e gli restituisca il dovuto tempo clinico. Abbiamo imboccato da anni, invece, una strada che allontana, perlomeno in fatto di tempo, il medico da una applicazione stringente sul paziente, occorre una inversione di rotta al più presto”. In questo contesto rientra anche la ricerca “che va incentivata e sostenuto meglio, anche qui siamo di fronte ad una carenza che merita un ripensamento. Infatti il medico stesso, di fatto, è un ricercatore, sia esso clinico sia dal punto di vista sperimentale. Ecco credo che se si riuscisse a mettere insieme organicamente tutti questi tasselli professionali, potremmo contare su una classe medica, di suo già decisamente preparata, ancora più all’avanguardia”, conclude Borromei.

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